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Gennaio 2024

Il legato è una disposizione mortis causa che si contrappone all’eredità. Mentre l’erede acquista una quota dell’asse ereditario, subentrando nell’universalità della posizione giuridica facente capo ad un defunto, il legatario acquista singoli beni o diritti individuali, integrando una successione a titolo particolare.

Il legato non necessita di essere espressamente accettato e produce i suoi effetti immediatamente dopo la morte del testatore, salvo rinuncia, a differenza dell’eredità che si acquista con la successione.

Inoltre il legatario, diversamente dall’erede, non risponde dei debiti ereditari con il proprio patrimonio.

Esistono due tipi di legato: il legato di specie e il legato di genere. Si parla di legato di specie quando le attribuzioni patrimoniali che formano oggetto del legato sono identificate nella loro individualità, ad esempio un immobile o un gioiello.

Il legato di genere è un “legato obbligatorio avente ad oggetto la prestazione di cose disegnate secondo l’appartenenza ad un genere” (ad esempio una determinata somma di denaro), che attribuisce al legatario un diritto di credito nei confronti di un erede o di un altro legatario, il quale deve adempiere prestando beni corrispondenti per qualità e quantità alle indicazioni del testatore. Il legatario acquista quindi un diritto di credito nei confronti del testatore.

Invece nel legato di specie, il diritto si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte (legato traslativo): la proprietà passa immediatamente in capo al legatario al momento della morte del testatore, che coincide con l’apertura della successione.

Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari. I legatari invece, sono obbligati al pagamento dell’imposta relativa ai rispettivi legati.

Il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato, ora, al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano.

Tuttavia tale ultima disposizione, non era stata ritenuta finora applicabile ai legati di genere, (ma solo a quelli di specie) come da impostazione civilistica, che li configura non già come un “peso” gravante sull’eredità, bensì un debito dell’erede tenuto alla prestazione di beni corrispondenti per quantità e qualità alle indicazioni del testatore, quindi a tutti gli effetti parte della base imponibile.

Tale impostazione non è stata però avvalorata dalla Cassazione, che aveva chiarito che i legati di genere non debbano essere inclusi nel valore dell’eredità, come i legati di specie, senza diversità di trattamento.  Il legato di genere va, inoltre, tenuto distinto dalle passività deducibili, atteso che in questa categoria sono compresi i debiti del defunto, esistenti alla data di apertura della successione.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 6/2023, si uniforma a tale orientamento rilevando come le indicazioni finora applicate al legato di genere ne comportassero oltremodo una duplice tassazione, sia in capo all’erede che in capo al legatario. Inoltre la tassazione in capo all’erede di una ricchezza (il legato) destinata al legatario non appare in linea con i principi generali di “giusta imposizione”.

Per tali motivi l’Agenzia afferma che “ferma restando la distinzione civilistica fra legato di genere e legato di specie, in sede di liquidazione dell’imposta di successione, il valore del legato di genere, al pari di quello di specie, va dedotto dal valore dell’eredità o delle quote ereditarie”, quindi  sia legato di specie che legato di genere, seppur diversi sul piano civilistico, vanno entrambi sottratti dal valore dell’eredità sul quale si calcola l’imposta di successione.

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